Le origini
 

Due asce litiche, conservate nel Museo Craveri di Bra, assieme all'idronimo Val di Vara (riportato dal catasto del 1697), sono le più antiche testimonianze della presenza umana a Sommariva Perno, il cui territorio acquisisce grande interesse in età romana per la presenza di una strata che da Asti, per Corneliano, risaliva il displuvio diretta alla pianura del Po.
Il percorso aveva favorito il formarsi di insediamenti: uno in particolare, (il cui nome - Paernun o Padernum - è ricordato nell'attuale appellativo) si formò presso le attuali case Cagnotti e Cunoni, ai confini con Baldissero d’Alba.
Alla sommità della salita (ad summam ripae) si formava poi, a partire dall'alto medioevo, un primo nucleo abitato, la Cerretta (da "serretta", piccola serra o rilievo allungato) che col tempo diede luogo all'odierno concentrico.
Nel 1098 Umberto II di Savoia dona Sommariva al vescovo d'Asti, al quale pervengono nel 1111 anche quote di Tavoleto (a quel tempo con territorio proprio). Con diploma del 1153 papa Eugenio III conferma al vescovo il "castrum Summerippe de Paderno" con pertinenze.

Nascita del feudo
Le attestazioni sui "domini de Summaripa" iniziano nel 1164 e proseguono fitte per oltre un secolo. Acquistano ben presto preminenza nella zona, con ruoli di importanza nei contrastati rapporti di Alba con Asti. Fedeli sin dall'inizio ai Marchesi di Saluzzo (ai quali faranno omaggio all'inizio del '200 di parte di Baldissero d’Alba), spostano il loro interesse verso le terre del Marchesato.
Nel 1270 iniziano le vendite per i feudi di Sommariva Perno e Tavoleto, con la cessione della sesta parte ai Piloso di S. Vittoria mediante 1000 lire astesi. Nel 1282 una quota di feudo - già venduta dai de Summaripa ai De Brayda - viene assegnata da Asti agli Isnardi, assieme al castello e a parti di Tavoleto.
Pochi anni dopo (1295) gli Isnardi, ora in possesso della quota maggiore di feudo, si accordano con la Comunità per l'esazione delle decime.
L'imperatore Arrigo VII dona nel 1313 città e contea di Asti ad Amedeo V di Savoia che, a sua volta, assegna alcuni feudi, (fra questi Sommariva Perno) a Filippo d'Acaia, che l'anno seguente vi si recava per ricevere il giuramento di fedeltà dai capi di casa.
Nel 1329 Asti sottrae il feudo agli Acaia. Con la spartizione di terre che segue alla caduta degli Angioini, Sommariva Perno passa ai Visconti, continuando a dipendere in loco dagli Isnardi. Questi figurano nel 1387 (nell'elenco delle terre date in dote a Valentina Visconti) come i maggiori feudatari di Sommariva, la cui "rocca" è definita forte.
Alla fine del '300 partecipano alla signoria di Sommariva Perno anche i Roero, del ramo di Calosso che, agli inizi del '600, giungono a possedere l'intero feudo nella persona di Conreno Roero, il quale, nel 1623, nomina erede il duca Carlo Emanuele I ed usufruttuaria la moglie Caterina Asinari. Tre anni dopo il duca erige Sommariva a marchesato per la stessa Caterina Asinari, vedova di Conreno.
Nel 1629 il feudo - non senza strascichi giudiziari - passa a don Felice di Savoia, figlio naturale del Duca, alla cui morte, nel 1644, viene assegnato al marchese Francesco Guglielmo Carron di St-Thomas-de-Coeur, consigliere di Stato e primo segretario sabaudo. All'epoca gli Isnardi conservano ancora possessi feudali.
A metà dell'800 castello e possessi vengono acquistati da Vittorio Emanuele II per farne dono a Rosa Vercellana, contessa di Mirafiori, nota come la "bela Rosin", da cui discendono gli attuali proprietari.

Il Novecento
Sommariva Perno ha vissuto nel ‘900 i momenti tipici dei paesi rurali del secolo scorso. Emigrazione, fame, guerre, crisi demo-economiche hanno scandito, nei primi 50 anni, i ritmi ed i tempi di un paese che ha comunque sempre trovato, pur nella miseria, l’orgoglio di sapersi rinnovare e ripartire. Data storicamente significativa, che colloca Sommariva Perno a pieno diritto nella Resistenza, è quella del 14 aprile 1945, quando si combatté in paese una sanguinosissima battaglia che vide opposti i partigiani della XII Divisione Bra e reparti della X MAS, coadiuvati dalla GNR.

Il secondo dopoguerra ha visto rinascere il paese grazie all’introduzione, nei primi anni ’50, della coltivazione delle fragole, che ha completamente rivoluzionato l’economia e la società sommarivesi, proiettando l’antico borgo rurale verso la dimensione di un “paese di servizi”, come attestano l’importante centro sportivo polivalente, con piscina coperta, un Hotel a 4 stelle, una casa di riposo all'avanguardia, un parco forestale di centinaia di ettari di bosco.

 

a cura di a.c.

 



SOMMARIVA PERNO, TRA STORIA E ROMANZO

Sommariva Perno, il paese della Bela Rosin. La sua storia ruota attorno al castello che ancora domina la vallata dove la contessa Rosa Vercellana arriva nel 1859, a 26 anni. Vittorio Emanuele II le ha comprato il vecchio maniero per farne un palazzotto comodo ed elegante. Ma neppure il re riuscirà ad intaccare il severo aspetto di una costruzione già citata nel 1153 in una bolla pontificia. Conserva intatto, ancora oggi, insieme con il suo affascinante alone di storia, il  ruolo di "porta" sul passato.

L'esaltante stagione dell'unità d'Italia
Sul finire dell'800 è attorno al castello, nel centro storico,  che si scrivono pagine importanti della storia d'Italia (è a Sommariva Perno che si conserva il testo originale del 1859, con il famoso "grido di dolore" del re) tra cameriere, maggiordomi, guardarobiere e segretari. Il re viene infatti molto spesso a far visita alla sua amata. Vi trascorre settimane e, naturalmente, riceve. A tavola si alternano ufficiali, diplomatici, uomini di governo, parlamentari.
Per l'unico viale del paese sfilano le carrozze. A palazzo si susseguono pranzi, feste, luci e musica. Tutto ha il contorno della fiaba che poi proseguirà quando la contessa diventerà moglie morganatica del re, e continuerà per anni, amplificata dalla fantasia della gente.
Nelle stanze della Bela Rosin tutto è rimasto come allora, con gli spazi di una piccola reggia, la camera azzurra di Rosina, la stanza di Vittorio Emanuele con il letto in ferro battuto, le lettere, le finezze di una vicenda d'amore.
Una favola, certo, unica e bella, irripetibile, la  pagina più originale della storia di Sommariva Perno.
Il resto è la vita di un paese come tanti, che sa intrecciare sapientemente le sue con le vicende di tutto il cuneese e non solo.
La chiesa, il castello, l'acciottolato: se potessero parlare. Racconterebbero di agguati e di forche, di cavalli e carretti, di poche ricchezze e molte miserie.


Le origini
Sommariva Perno nei secoli è stata terra di conquista: ha visto i Liguri e i Romani, gli Angioini e i Savoia; Asti l'ha avuta, Alba sfruttata ed amata. Ma già allora tra una carestia ed una peste, tra liti e scorribande, si dimostrava terra di grandi doti: un paese al crocevia di strade importanti, zona di passaggio di armate e di banditi, di santi e profittatori, di cialtroni e predicatori e, forse proprio per questo, ricca di idee.
La sua vita è scandita, nei secoli, dai grandi drammi del Piemonte, dalle invidie e dalle presunzioni dei protagonisti e delle comparse della storia, ma ha i caratteri delle sue colline, tenacia, fantasia, laboriosità.
Con questi caratteri s'affaccia alla storia in epoca romana, quasi ripiegata su se stessa, chiusa in quattro casupole che tra i Cagnotti e i Cunoni si appoggiano ad un vecchio convento-ristoro per i viandanti in cammino sulla strada romana di collegamento con Asti.  E' il monastero di San Dalmazzo da Perno, distrutto intorno al 1300, i cui resti  ricomparvero sul finire del '700. Poche centinaia di metri dopo, la strada di Asti andava a confluire con un'altra importante via di comunicazione in arrivo da Alba. Le due arterie correvano (come  oggi è possibile ancora constatare) insieme per poco per di nuovo dividersi in due tronconi: uno che saliva verso Torino, l'altro che scendeva verso Pollenzo. 
In questo periodo c'erano tra Sommariva Perno, Monticello e Santa Vittoria quattro gruppi di case che hanno avuto, anche se confuso, un posto nella storia. Di queste "città" oggi non c'è più nulla. Sono però sicuramente esistite, visto che in  un diploma di Federico Barbarossa del 1159 vengono chiamate per nome: Cerreta, Tevoleto, Nizolasco ed Anforiano.
Cerreta era situata sullo stesso crinale dove oggi c'è l'omonima borgata della Ceretta. Un gruppo di case, ma basilare per il futuro di Sommariva Perno.
Tevoleto. Nel diploma dell'imperatore Corrado I nel 1026 in favore del monastero di Breme viene nominato "Thevoletum". Un piccolo centro attorno ad un santuario (bellissimo anche oggi, in fase di completo restauro). Poco distante da Tevoleto c'era la chiesa di santo Stefano, sul crinale, a destra, scendendo verso Valle Rossi.
Ninzolasco, il terzo insediamento, si estendeva dalla chiesa di san Ponzio in territorio di Monticello fino al monastero di san Dalmazzo. Venne distrutto intorno al 1200.
Anforiano era invece la borgata ai piedi di Santa Vittoria.
Una cosa è certa. Nella parte alta di Sommariva Perno c'era un grande bosco. Un documento imperiale lo nomina già nel 901, definendolo "nemus quod dicitur Cellar o silva popularis". Si estendeva da Bra a Cellarengo.
Dove è nata Sommariva? L'abbiamo detto: su un crocevia e, con ogni probabilità,  tra i Cunoni e i Cagnotti. Ma "Pernum" cos'era? Poche case, una borgata che faceva parte delle cosiddette "città anforiane". Lo prova un documento del 25 febbraio 1010 con il quale il vescovo di Asti Alrico permuta dei beni in Perno.


Il borgo si ricostruisce in alto
Dopo mille peripezie quella piccola comunità si cercherà un posto più sicuro, più in alto, tra Ceretta e il Castello. Il nome Sommariva potrebbe derivare proprio da  "Summaripae", alla sommità della riva. E Perno? Dovrebbe essere una contrazione di "Paternum", nome frequentissimo nel lasciti e nei testamenti; secondo lo storico Eusebio il nome sarebbe di origine itineraria, in riferimento cioè ad una supposta via romana che da  "Alba Pompeia per Publicias (Piobesi) per Cornelianum e per Summaripam avrebbe raggiunto Augusta Taurinorum"; secondo un altro storico, il Vernazza, Perno potrebbe derivare dal vocabolo celtico "pad-ern= eremo dei pini", derivazione non del tutto da scartare visto che, fin dall'antichità, c'è chi sottolinea la presenza in zona di questi tipici alberi che abbelliscono le sommità delle colline. 
E'  attorno al "castrum" che nasce la comunità, passando, come un pacco postale da un feudatario all'altro: dal vescovo di Asti ai "De Summaripa", dagli Isnardi ai Savoia, ai Roero, ai Carron di Saint Thomas con le sofferenze e le illusioni di sempre.
Nulla di straordinario. Poco distante dal primo gruppo di case sviluppatosi sulla costale dei Cagnotti e spostatosi poi attorno al Castello "alla sommità della riva."
Intorno all'anno Mille è il vescovo di Asti a dare il "castrum" di Sommariva Perno ai suoi vassalli, i "domini De Summaripa".  E' il 1159. Oddone è il nome del primo feudatario.
Tra il 1300 e il 1400 Sommariva Perno diventa comune. Ha i suoi statuti che non sono mai stati trovati, le sue regole, i suoi consiglieri (soltanto dal 1584 è possibile però ricostruire la vita del paese attraverso gli ordinati). Nel 1314 intanto il paese giura fedeltà a Filippo di Savoia, principe d'Acaja. Pochi anni dopo, nel 1329, tornerà però al Comune di Asti. Ci resta per dieci anni per finire poi, di nuovo, tra le braccia degli Isnardi, che fin dal 1282 avevano ricevuto da Asti una quota di feudo e parti di Tevoleto. Gli Isnardi terranno il dominio  fino al 1399 e, ancora, in alcune parti,  fino al 1715.  Il feudo era diviso in sedici parti, alcune delle quali fin dagli ultimi anni del secolo XIV finiscono ai Roero, antica famiglia astigiana giunta in Italia dai Paesi Bassi. E così sarà fino a quando il conte Conreno Roero di Calosso lascerà, nel 1621, tutti i suoi possedimenti al duca Carlo Emanuele I di Savoia. E' Conreno Roero a volere probabilmente la costruzione  della chiesa dell'Annunziata. Dopo la sua morte nella storia di Sommariva c'è un buco nero che dura per circa due secoli e vede scorrazzare per il paese, ognuna proprietaria di qualche parte del feudo, le famiglie più importanti del Piemonte: dai Visconti ai Faletti.
Conreno Roero nel suo testamento la maggior parte del paese ai Savoia che l'avranno fino all'apparire sulla scena, nel 1644,  dei marchesi Carron di San Tommaso, i signori che tanta parte avranno nella storia artistica e religiosa di Sommariva Perno e che poi rivenderanno il tutto a Vittorio Emanuele II, intorno alla metà dell''800.

Il "buen retiro" del primo Re d'Italia
Ed ecco Rosa Vercellana, nata a Nizza l'11 giugno del 1833, morta a Pisa nel 1885, illuminare con la sua presenza questo piccolo paese del Roero.
Buona, affabile, generosa, è la donna del cuore e del destino per il re delle guerre d'indipendenza. Carina, non bellissima, ha saputo tenerlo con sé tutta la vita, strappandolo spesso alle luci del trono, mettendogli le pantofole, proteggendolo, offrendogli tranquillità.
Vittorio Emanuele la incontra, quattordicenne, nella tenuta di Racconigi e se ne innamora. Amore segreto, ovvio. Il re, sposato e padre, conduce con lei una vita parallela. Rosa nel 1848 gli dà una figlia, Vittoria, che nasce a Castelceriolo, vicino ad Alessandria, e nel 1851 gli regala il figlio Emanuele Alberto. Alla morte della moglie del re, Maria Adelaide, Rosina e i suoi due figli diventano la famiglia privata di Vittorio Emanuele.  Ed è a Sommariva Perno che i due vivono i loro momenti più intensi e belli, lei elevata alla dignità di contessa di Mirafiori e Fontanafredda, lui re dell'Italia unita. Un periodo dorato per la donna del re, magico per il piccolo paese del Roero. "Qui farò ritorno quando avrò reso l'Italia indipendente ed una", aveva promesso Vittorio Emanuele e così ha fatto, come è scritto su una lapide sull'arco d'ingresso a Sommariva Perno.
Per loro arrivò il telegrafo, si alternarono generali e principi, per loro questa terra è entrata nella storia d'Italia.

 

 

Gian Mario Ricciardi