Che storia, quella della rossa. Fascino, gusto e finezza: c’è tutto in quella macchia di colore che riempie prati, piazze e tavole, annunciando l’estate. Fascino, gusto e fierezza: quella di chi le ha fatte crescere sotto la neve e nel gelo. Magìe, sapori e desideri delle fragole, cibo delle fate ma, spesso, galeotto: “la froga che cresce sotto l’ortica, rappresenta l’eccezione più bella alla regola, poiché innocenza e fragranza sono i suoi nomi. Essa è cibo da fate.”. Così scrive Shakespeare. Che vuol dire? Che anche sotto piante che urticano, le fragole mantengono intatto il loro fascino allegro e i loro cuoricini rossi. Dai Romani ha il nome “fragrans”, che ne imprigiona idealmente il profumo.
È il cibo dell’amore. La leggenda vuole che i piccoli frutti rossi siano nati dalle lacrime sparse da Venere sulla tomba dell’amato Adone. Vero? Falso? Certo una malìa che ha attraversato i secoli anche per la forma delle fragole, a cuore, e il colore, rosso acceso.
Nel medioevo non si conoscevano che le fragoline piccole e selvatiche (che venivano prescritte dai medici agli amanti disperati per placare le loro passioni impossibili), poi con il viaggio di Cristoforo Colombo l’arrivo di nuove specie dall’America. Nacquero così vari incroci di fragole rosse. Ma è Jean de la Quintinie, il giardiniere del Re Sole, ad “addomesticarla”, reimpiantandola a Versailles. E le sue dame la restituiscono irresistibilmente “cocotte” durante le feste di corte, affondando un cucchiaino nelle coppe cosparse di zucchero e panna. Fragole galeotte come nel film Nove settimane e mezzo di Kim Basinger.
È il cibo della salute: incrementa la riserva alcalina dell’organismo, regala vitamine ed antiossidanti, lenisce il bruciore delle scottature, rende vellutata la pelle. E tutto questo con un carico di calorìe risibile.
È il cibo profumato. E’ una sorta di imprinting sensoriale, come il pane appena sfornato o il caffè che gorgoglia piano nella moka: non c’è limone, vino, panna, zabaione che possano sostituire il profumo e il sapore delle fragole. Hanno vita breve (due giorni al massimo) e vanno mangiate subito
È un “piatto da regina”. Quando nel 1655 Cristina di Svezia scende in Italia, diretta a Roma, d po essersi convertita al cristianesimo e aver abdicato il trono nella pausa a Mantova mangia le “fraghe lavate con vino bianco e servite con zuccaro sopra”.
Che storia, quella delle fragole: di bosco, selvatiche, a cuore, di campo. addirittura a volte “palestrate”. E sono centrotrentamila tonnellate che arrivano da tanti “posti delle fragole” come Sommariva Perno.
Gian Mario Ricciardi